Cerca nel blog

sabato 15 agosto 2020

                                                                 

Fuori dai lockdown 


Un’indagine DOXA ha raccontato come hanno vissuto gli italiani i tre mesi di forzato ritiro, lontani dal lavoro, dalla scuola, dagli amici. Pare che l’attività più gradita sia stata quella di cucinare, qualcuno (18%) ha scoperto nuovi piatti altri (15%) ha perfezionato alcune preparazioni, il tempo passato ai fornelli è aumentato del 63%. Ad occuparsi dei fornelli anche persone che prima non lo facevano, la novità più positiva è che molti hanno cucinato piatti che prima acquistavano già pronti, la preferenza del cucinare è andata a pizze e focacce, pane, torte e biscotti. L’affermazione più bella è stata quella di cucinare per affetto. Cucinare è sempre un modo di dimostrare affetto per gli altri familiari o amici che siano. Un altro aspetto positivo è la riscoperta del negozio sotto casa, l’abbandono di molti prodotti semilavorati e un’attenzione particolare verso la salute. Il negozio di prossimità è un baluardo di civiltà, una competenza comprovata, una professionalità certa, vi invitiamo, se non l’avete ancora fatto, a leggere il libro di Angelo Canossi “Melodia” che inizia così:

“- Buongiórno, cóme staLa? StaLa bé…

Anche ‘l sò Siòr? La comandàa? – Vardé

sté Siura ché: sö dè brai, servìla.

E Té, cós ‘hói dè dat?

Le màndole ambrüsine?...”


Riscoprire, salvaguardare la bottega sotto casa è segno di cultura scrive Carlo Petrini:

“le piccole botteghe nei piccoli comuni sono presidi di sicurezza, di controllo del territorio, di conoscenza e di pace sociale. Perderli significa perdere un pezzo enorme della nostra identità di cittadini e della bellezza dei nostri territori”.

Maneggiando il cibo, le materie prime, ci ha costretti a porci una serie di domande: da dove viene, come si produce, di che qualità è il nostro cibo. Prima la frenesia delle nostre occupazioni non ci permetteva di fermarci su questi aspetti, ora lo stop obbligatorio ci ha messo di fronte alla realtà del cibo che consumiamo. La pandemia chiama in causa la struttura e la sostenibilità del sistema alimentare, le produzioni ecosostenibili e di piccola scala, ci ha costretto a interrogarci sul presente e sul futuro del cibo. L’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo ha incaricato una serie di scienziati di:

1) stimare l'effetto dell'emergenza sulle modalità di approvvigionamento alimentare e di preparazione del cibo;

2) studiare la relazione tra le abitudini alimentari, le forme del consumo alimentare e le pratiche sociali ad esso collegate in un fase emergenziale e le caratteristiche demografiche e socioeconomiche degli individui;

3) esplorare i capitali sociali interni alla famiglia creati dall'attività del cucinare preesistenti o rinforzati dalla quarantena.

4) analizzare i motivi del successo di Internet quale strumento principale di ispirazione culinaria durante la quarantena evidenziando come da un lato si debba guardare all’aumentata possibilità di accesso alla Rete che distingue l’Italia contemporanea, quindi, dalle caratteristiche proprie in termini di varietà di informazioni e interattività delle piattaforme digitali.

 È indubbio che il cibo si è rilevato durante la quarantena un elemento fondamentale nella vita degli italiani, per il suo valore identitario e conviviale. In conseguenza di ciò sono aumentati in modo significativo i consumi di latte, zucchero, farina, uova e di lievito naturale, cioè di tutti gli elementi necessari per cucinare pane, pizza, dolci o fare la pasta. Oltre la metà degli italiani hanno speso più di 100 euro la settimana per i consumi alimentari, un investimento ritenuto adeguato alle nuove abitudini. Non è facile prevedere se questi nuovi comportamenti alimentari resteranno anche ora che la quarantena è terminata e che le persone possono tornare a muoversi liberamente. Vi sono due considerazioni che fanno propendere per un probabile consolidamento del ritrovato interesse per il cucinare:

1) si può ritenere che molti abbiano riscoperto durante il lockdown un’autentica passione per il cibo e per quanto rappresenta, come strumento al contempo di auto realizzazione e di socialità;

2) molte aziende adotteranno in maniera continuativa la modalità di smart working, per cui si manterrà l’identificazione postfordista tra luogo di lavoro e abitazione, con la conseguente possibilità di avere più tempo a disposizione per cucinare.

Con questa esperienza, non solo segregativa, abbiamo imparato molte cose ma è soprattutto la situazione ambientale che deve trovare risposte veloci e cambiamenti radicali, basta con il consumo di suolo, basta con prodotti di sintesi, riprendiamo in mano il nostro futuro per noi e per chi verrà dopo di noi, partiamo dal cibo per rinnovare una società malata di PIL. Abbiamo capito che non si può continuare a crescere, il mondo non è una focaccia che più cresce più è morbida, la terra è casa nostra e dobbiamo custodirla non depredarla. La quarantena è stato un momento di ritorno alla cucina per gli Italiani. In questo ritorno, internet ha garantito un'interfaccia e una risorsa importante per un processo di acculturazione gastronomica ma ricordiamoci che nella comunità c’è la sicurezza affettiva che su internet non si trova.

Adesso, riconquistata la libertà, andiamo a conoscere coloro che hanno prodotto quelle materie prime che abbiamo usato in cucina, cerchiamo di capire la differenza tra i vari tipi di frumento, l’abburattamento delle farine, la molitura. Cerchiamo le galline chi ci hanno fornito le uova e vediamo come sono allevate: in gabbia, a terra, all'aperto; vediamo come si ottiene il sale, marino o di roccia, di Cervia o di Trapani; visitiamo gli uliveti dei nostri laghi, Garda e Iseo e vediamo le piante che ci danno quell'olio meraviglioso di Casaliva o di Gargnà, nocciolato o denocciolato. Insomma, riprendiamoci il nostro cibo, le nostre materie prime e facciamo in modo che si crei quell'alleanza sana tra produttore e consumatore che spegne la rivalità tra un prezzo elevato e un prezzo popolare, perché dietro al prezzo stracciato c’è, spesso, sfruttamento e lavorazioni pressapochiste. È plausibile, comunque, che l’esperienza gastronomica maturata abbia creato le basi per un nuovo modo di vedere, immaginare e vivere la cucina e la domesticità. Condividiamo il pensiero di Fritjof Capra: “Non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema”.




venerdì 7 agosto 2020

Colazione, merenda e spuntini vari

 Era un’alba del mese di settembre 1683, Vienna era assediata dall’esercito turco, le forze in campo erano squilibrate in favore dei turchi, un fornaio sente dei rumori sotto il suo negozio e avvisa le autorità. I turchi stanno scavando una galleria per sorprendere i viennesi. In soccorso all'Austria arrivano altri eserciti, per cui l’imperatore decide di passare all’attacco. Un frate cappuccino tale Marco d’Aviano lancia un sermone che scalda gli animi in nome della cristianità da salvare. Gli eserciti assaltano i turchi e li vincono era il 12 settembre. Un generale ungherese, Kolschitzky, raccoglie tutti i sacchi di caffè lasciati dai turchi sul campo e apre a Vienna un locale dove serve questa bevanda amara che però piace poco ai viennesi, pensa quindi di aggiungervi del latte, prima e dello zucchero poi, e finalmente questa nuova bevanda viene accettata, dai viennesi, poiché a Venezia i caffè erano già aperti da 120 anni. Che nome dare si chiede il generale ungherese a questa nuova bevanda, visto il colore e ricordando il frate friulano che li aveva incitati qualcuno suggerisce “cappuccino”. Intanto re Giovanni di Polonia  vuole conoscere il fornaio che aveva permesso con la sua segnalazione di arrivare alla vittoria e con un editto gli dà il permesso di fare un pane che ricordi il trionfo, imitando la mezzaluna che i turchi portano sulla bandiera: nasce così l’ Hörnchen, che significa cornetto, sarà Maria Antonietta a darle il nome francese di croissant. Caffè, cappuccino, cornetto ecco la colazione conosciuta in tutto il mondo.

Molti limitano a questi elementi la colazione del mattino, qualcuno si riduce al solo caffè, forse convinto da questa antica incitazione:

 «Oh, voi uomini dall’aperta mente, bevete caffè e non curatevi dei denigratori che con sfacciate menzogne lo calunniano. Bevetene generosamente perché nel suo aroma si dileguano le preoccupazioni, e il suo fuoco incenerisce i torbidi pensieri prodotti dalla vita quotidiana».

 I nutrizionisti chiedono invece di allargare il ventaglio mattutino di proposte a pane, marmellate o confetture, alternare altre bevande ugualmente eccitanti come il tè, unire della frutta anche sotto forma di succhi o estratti. D’accordo, l’inizio della giornata deve avere i suoi energizzanti. Poi qualcuno stranamente, secondo me, a mezza mattina ha un “certo languorino” e allora è buona abitudini interrompere questa fame con uno spuntino: un frutto di stagione, se te lo sei portato in borsa o nel cestino. Non va bene certo una merendina industriale del distributore automatico, ma qualcuno ci casca.

 Poi segue il pranzo, i più fortunati lo consumano a casa, altri in mensa aziendale o scolastica, molti si recano alla famigerata tavola calda, che spesso si riduce a un bar, non si capisce perché un bar, senza cucina, possa fornire dei pasti, ma tant'è!

 Chiariamo subito la terminologia: lo spuntino è quello del mattino, poi viene il pranzo (solo i borghesi chiamano pranzo la cena per una malintesa traduzione latina), il pomeriggio si serve la merenda e alla fine della giornata la cena. I più fortunati in amore possono permettersi lo spuntino di mezzanotte, beati loro! Gli orari cambiano secondo le latitudini, più presto al nord e più tardi al sud. Anche se a subordinarli sono gli orari di scuola e di lavoro.

 Il pomeriggio, sempre per la teoria nutrizionistica dei cinque pasti quotidiani, di vittoriana memoria, possiamo sbizzarrirci, o meglio far sbizzarrire le nonne e le mamme, che in fatto di merende hanno una lunga tradizione: dalla semplice fetta di pane, burro e zucchero di antica memoria, alla fetta spalmata di crema di nocciole o pane e cioccolato, i più rustici sceglieranno pane e salame o prosciutto o le infinite proposte salumiere d’Italia, qualcuno preferirà del formaggio, sceglietene uno nostrano e poco stagionato, ideali le nostre formaggelle o robiole. Nella merenda si possono esercitare le creatività gastronomiche più disparate e geografiche: dal pane, sale e olio al pane e mozzarella o la goduriosa burrata, anche semplicemente un pomodoro tagliato a metà e condito con sale e olio. I più creativi posso usare dei molluschi bolliti e affettati come seppioline, calamari, totani, conditi con sale, olio e erbe aromatiche: origano, basilico, dragoncello… anche pane burro e acciughe può andar bene tenendo conto che le acciughe mettono sete. Molto importante sono da considerare due elementi che costituiscono questi momenti: il pane e le bibite. Per il pane ognuno preferirà quello di sua tradizione dalle michette al pane cafone (lombardi e napoletani), dal pane sciocco toscano ideale con salumi saporiti, alla mafalda siciliana, dal pane di Altamura alla piadina romagnola. Per le bevande invece il discorso si fa più serio: evitare bevande industriali, gassate e zuccherate in eccesso, da preferire succhi naturali di frutta, di verdura o, anche semplicemente, acqua e limone.

 Infine, arriva la cena, magari aspettata con ansia a fronte di un ingurgitamento veloce di cibo a causa del lavoro. Niente di più sbagliato che andare a tavola con molto appetito, la tendenza è di accettare qualsiasi cosa arrivi nel piatto, si lascia perdere l’attenzione alla salute per privilegiare la fame e poi, con la pancia sovraccaricata, ci si stende sul divano di fronte alla tv. È sicuramente la strada spalancata alla obesità o al sovrappeso.

 Non sono un nutrizionista ma guardo alle cose della vita, anche quelle degli scienziati e da qualche anno seguo le linee suggerite dagli esperti e, se permettete ho qualche dubbio sui consigli nutrizionali avanzati in questi anni. Il primo è proprio sui cinque pasti caldamente suggeriti. Credo che sarebbe più sensato indicare come configurarli, poiché, secondo me, i pasti principali della giornata, il pranzo e la cena, sono quasi sempre troppo ricchi di grassi, di proteine, di carboidrati, l’abitudine di far seguire al primo piatto un secondo, appesantisce troppo sia a pranzo poiché dopo, subito dopo, segue una fase lavorativa o di studio, sia a cena la quale prelude, prima o poi al sonno. Sarebbe bello sentire suggerimenti di alleggerimento sul pranzo e sulla cena limitandoli a una sola portata, non un piatto unico (per noi italiani piatto unico può essere una bomba calorica, come un porzione di lasagne seguito “solo” da un dolcetto, magari un tiramisù!) ma un piatto completo dei nutrienti necessari, seguito semmai da frutta fresca di stagione. Occorre anche tener conto che lo stomaco, guardando la sua capienza in volume, non può ricevere senza danno una dose troppo massiccia di cibo pena il rallentamento digestivo e sonnolenza. I suggerimenti da dare devono essere supportati da esempi di nutrimento leggero durante tutto l’arco della giornata, dalla colazione alla cena e per tutto l’anno con un occhio particolare ai tanti aperitivi associati ai salatini e ai vari finger food. Ricordando a tutti che non si ingrassa da Natale all'Epifania ma dall'Epifania a Natale!