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venerdì 27 novembre 2020

Autunno, tempo di bolliti 

        Ai primi freddi è giusto rimediare con piatti caldi e sostanziosi per affrontare l’inverno che verrà. L’uomo, dopo aver apprezzato e saputo gestire il fuoco ha inventato un contenitore, probabilmente una buca che, riempita di acqua e pietre roventi gli procurasse un po' di acqua calda, utile per lavarsi ma che, una volta immersi dei pezzi di carne, questi risultassero teneri. È nato così, semplicemente il bollito che tutto il mondo conosce. Poi la conoscenza e il buon gusto, specialmente di noi italiani hanno fatto nascere piatti speciali di cui parleremo. Tutto il mondo ha il suo bollito, il suo lesso: a proposito che differenza c’è tra i due termini? In realtà sono sinonimi tant’è che in Toscana, anche l’Artusi, lo chiamano lesso. Gastronomicamente per bollito s’intende la carne messa in acqua bollente e per lesso la carne che serve per ottenere un buon brodo come abbiamo visto nell’articolo dedicato al brodo. Dario Bressanini, chimico, sostiene che non esistono differenze tra le due tecniche, il punto sta che il chimico fa lo scienziato, il cuoco assaggia e nota una differenza gastronomica, di gusto, tra i due modi di procedere, con buona pace di tutti. È invece verissimo che la temperatura di cottura influisce sul colore delle carni: più è bassa la temperatura più le carni risultano rosate, per ottenere questo risultato però occorre uno strumento come il Roner che in casa non c’è. 

        Da noi il bollito, anzi, il gran bollito per eccellenza è quello piemontese, anche se, a dire il vero, non è male neppure il bollito misto di noi lombardi, veneti o emiliani. In Piemonte è nata una Confraternita in difesa della tradizione che vuole sette parti di bovino, c’è chi preferisce il manzo, chi il vitello, immersi in acqua bollente nella quale si sono aggiunte delle verdure, le solite, con la cipolla infilzata con quattro chiodo di garofano e un mazzetto di odori legati tra loro o, meglio, rinchiusi in una garza tanto da poterli eliminare (alloro, gambi di prezzemolo, uno spicchio d’aglio, rosmarino). Le carni prescelte fanno parte della spalla e della pancia del bovino come il cappello del prete, la scaramella il bianco costato, il geretto, il muscolo, il fiocco e il tenerone. Servono poi sette ammennicoli che sono la gallina, la testina, la lingua, la coda, lo zampino, il cotechino, i piemontesi usano servire anche della lonza arrosto a metà servizio, altri uniscono una rollata cioè una pancia ripiena che potete fare bollita o arrosto. Ora il problema principale è l’attrezzatura di cucina poiché tutti questi elementi necessitano di recipienti in cui cuocere separatamente. Alle carni potete unire la gallina ma la testina, la lingua, lo zampino e il cotechino dovete cuocerli da soli. Intanto che cuociono le varie carni, mettete nel conto quattro ore, potete approntare i contorni e le salse. Per contorno prevedete: patate, carote e rape lesse, cipolline in agrodolce, verza bollita, finocchi e zucchine ripassati al burro. Per le salse non possono mancare la salsa verde, rustica o ricca (in quest’ultima aggiungete rossi d’uovo lessati e capperi), il cosiddetto bagnèt ross a base di pomodori e acciughe, la salsa d’uva o cugnà, la salsa al cren, la salsa al miele, la mostarda di Cremona alle quali potrete aggiungere, secondo il vostro gusto o tradizione: maionese, ketchup, pearà, salsa tartara, giardiniera, salsa allo yogurt ecc. Secondo le zone il bollito sarà più o meno ricco, quello piemontese è una vera istituzione: in tavola ci sarà del sale grosso, del pane, una scodella di brodo bollente. Al termine è d’uso servire uno zabaione o delle pere madernasse cotte nel vino. 

        Se da noi il carrello dei bolliti è una istituzione che solo alcuni ristoranti possono esibire, anche all’estero hanno elaborato i loro bolliti come il Cocido madrileno, il Puchero andaluso, la Olla podrida nelle varie versioni europea e sudamericana; in Francia si usa il Pot-au-feu memori della promessa che, nel XVI secolo fece Enrico IV di Francia: Io voglio che alla domenica ogni contadino abbia il suo pollo in pentola.

        Il problema principale di queste preparazioni sontuose è il recupero degli avanzi, il freezer ci può aiutare molto permettendoci di separare, in sacchetti e contenitori diversi, molti di questi ingredienti ma vorrei che vi soffermiate su alcune nostre tradizioni nate proprio per recuperare il cibo avanzato in una festa fuori dall’ordinario come quella descritta. Avete messo nel pentolone delle carni la coda? bene, staccatene, con un coltellino, tutta la carne e usatela per fare la nostra famosa minestra di coda: brodo, carne della coda e pastina. Con i pezzi di carne un po' sfilacciati potete farne delle polpette da friggere o da passare in padella con sugo di pomodoro secondo i gusti. Se avete delle parti integre potrete fare la nostra insalata di carne e cipolle alla quale potete aggiungere anche dei fagioli lessati. Pellegrino Artusi propone nel suo famoso manuale ben tre ricette di lesso rifatto. In Toscana per questo scopo si sono inventati la francesina fette di carne messe in padella con cipolle rosolate con la salvia e poi pomodori pelati, il tutto insaporito con pepe e prezzemolo tritato. Francesco Chapusot nel 1846 consigliava a francesi e piemontesi di recuperare il lesso avanzato in un tegame e farvi appassire la cipolla e i cetriolini tagliati, le acciughe e il prezzemolo. Durante la cottura aggiungere del vino bianco e del brodo e far sobbollire per alcuni minuti. Dopo aver tagliato la carne a fette, sistemare il bœuf-miroton (questo il nome del piatto) in un tegame e proseguire la sua cottura per venticinque minuti. A Parma è invece in uso un’antica preparazione chiamata la vecchia: si fa un battuto d’aglio, cipolla, sedano, prezzemolo; si tagliano a fette una cipolla, tre pomodori maturi, tre patate, due peperoni verdi puliti. Si fanno scaldare olio e burro, si aggiungono le verdure, il battuto, s’abbassa il fuoco, si fa cuocere lentamente aggiungendo un po’ di brodo. A questo punto si aggiungono fette di lesso avanzato e si fa scaldare bene prima di servire. Un piatto classico delle osterie romane era la picchiapò: la carne veniva tagliata a pezzi e messa in padella con cipolle e pomodori in modo da renderla tenera e saporita come non mai. Sentite Luca Barbarossa in una sua canzone, La Dieta: 

“Pé fà la picchiapò ce vò er bollito
Tajato a fette arte mezzo dito
Soffriggi la cipolla poi er pelato
A foco lento fino a che è stufato” 

Termina qui il nostro viaggio fra i bolliti ma non certo le ricette popolari che sono nate attorno a questo modo di cucinare le carni.

Sotto: bollito misto con sale, gran bollito piemontese, la confraternita, il cocido, il pot-au-feu, la gradazione di cottura delle carni bollite








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