Cerca nel blog

venerdì 2 ottobre 2020



I funghi ma non solo porcini 


        Settembre tempo di funghi, quest’anno poi sembra che siano molto abbondanti. La prima cosa da sapere sui funghi sono le limitazioni territoriali, quindi prima di andar per funghi informatevi sul sito del comune se dovete fornirvi di un tesserino o di un permesso, la quantità di funghi permessi e dove si trova il centro micologico più vicino. 

        Anche se sui funghi i bresciani si ritengono grandi conoscitori le qualità di funghi che i bresciani raccolgono a dir il vero non sono molte. Perlopiù sono quelle che solitamente troviamo sul mercato in autunno, alcuni funghi sono assurti a “status symbol”, il porcino e l’ovolo buono sopra tutti. Ma la famiglia dei funghi commestibili è molto varia e serve una grande conoscenza per accedere a questo prodotto della natura, per questo motivo è consigliabile far vedere i funghi agli esperti micologi della città e dei vari comuni, prima di procedere alla cottura. L’Amanita caesarea (Ovolo buono) è chiamato “bolé, cucù o bolà” secondo le zone, è un fungo quasi sparito dalla circolazione, è ottimo in insalata. La Lepiota procera (Mazza di tamburo) è inconfondibile e abbondante, ottima ai ferri o impanata. 

        Le Psalliota arvensis, silvicola e campestris (Prataiolo) è chiamato da noi “colombina” e sono facili da trovare nei prati e ottimi trifolati. Ai primi freddi sui tronchi d’albero della pianura cresce l’Armillaria mellea (Chiodino), i nostri “ciodèi”, da accompagnare ad uno spezzatino di carne o di pollo o in guazzetto alla bresciana con la carne di maiale. Il Lyophillum Georgii (Fungo della saetta) questo è un fungo che pochi conoscono è detto anche da noi “fons de la saèta” poiché cresce a zig zag come il tracciato della saetta o in circolo come i circoli delle streghe, a parte il folclore è fungo ottimo da seccare e inserire in una miscellanea da degustare nella stagione invernale. Il Coprinus comatus (Agarico chiomato) è poco conosciuto ma ottimo, il fatto che a maturazione avanzata si presenti molle e nerastro, lo fa evitare dai più, ma, raccolto giovane, è ottimo in padella con burro e aglio. Ecco un esemplare discusso ed evitato in molte zone del bresciano: la Russula virescens (Verdone), da coloro che lo apprezzano è chiamato “verdù” è, dal punto di vista gastronomico, uno dei più buoni in assoluto, provatelo alla griglia. Le Russule cyanoxantha, vesca o aurata, (Rossola) da noi prendono vari nomi come “muritine, brönèi, rossole” sono funghi facili da trovare e numerosi, solitamente si consumano alla griglia o mescolati con altri funghi in padella. Il Cantharellus cibarius (Finferlo o gallinaccio) crea una certa confusione con i nomi dati da altre zone (nel Trentino li chiamano “finferli”), noi invece “galitì o galüsì” sono ottimi in zuppa. Il Cantharellus lutescens (Cantarello giallo o finferla) da noi viene chiamato “finferlo” è un fungo delicato e sottile ed è ottimo con il risotto. La famiglia dei boleti è vasta, i più buoni sono il Boletus edulis (Porcino d’autunno), il Boletus aereus (Porcino nero) e l’ottimo (anche se cambia colore) Boletus badius, da noi sono chiamati “frer o legorsèle” secondo la zona, è il fungo più conosciuto ma anche quello più commercializzato, sul mercato troviamo spesso esemplari provenienti dai Balcani, dal Sudafrica e dal Portogallo, funghi assolutamente insapori, nulla a che vedere con i nostrani del Garda, di Val Palot, di Serle o di Concarena, sono ottimi nel risotto, sulle tagliatelle o trifolati in padella. Vicini ai porcini, ma non dal punto di vista gastronomico, sono i Boletus carpini e aurantiacus (Porcinello grigio e rosso) sono i “sürli” da fare in frittata tagliati sottilissimi. 

        Sconosciuto ai più ma ottimo, è il Polyporus pes-caprae (Barbone) detto, da chi lo raccoglie, “barbù” ottimi da conservare sottolio. E infine un altro quasi sconosciuto è la Morchella rotunda (Spugnola rotonda) chi lo raccoglie lo chiama “spongla” cresce in primavera ai lati dei prati, vicino agli alberi da frutto e nei vigneti, ottime in tutti i modi. 

I Tartufi 

        Anche i tartufi sono funghi, sotterranei (ipogei che vivono sottoterra) ma sempre funghi. Già Bongiani Grattarolo alla fine del ‘500 nella Storia della Riviera di Salò affermava che: “si trovano funghi e tartufi di molte sorti e delicatissimi”. Così confermava il detto popolare che laddove ci sono ottimi e abbondanti funghi vi sono anche i tartufi. Questo è quel che dicono coloro che hanno visto raccogliere i tartufi, a suo tempo, nel parco del Rimbalzello e nei giardini delle ville di Gardone Riviera, sulle colline gardesane e in varie parti della provincia. Zantedeschi nel 1800 affermava che si trova abbondanza di tartufi in Valle Trompia. Anche nel ‘900 il Solitro testimoniava la presenza di tartufi in Valtenesi. Il grande gastronomo francese Brillat-Savarin lo chiamava il diamante della cucina. A questo tubero si attribuiscono proprietà afrodisiache, Galeno, il medico dell’antichità scriveva “i tartufi producono eccitazione che predispone alla voluttà” 

        Le qualità migliori in assoluto sono il Tartufo d’Alba o Acqualagna (Tuber magnatum) e il Tartufo nero di Norcia e di Spoleto (Tuber melanosporum). Ma poi anche altre specie meritano l’attenzione come: 

Tuber macrosporum o tartufo nero liscio 

Tuber aestivum o scorzone maggengo estivo 

Tuber aestivum uncinatum o scorzone uncinato invernale 

Tuber borchii o bianchetto primaverile 

        Da una trentina d’anni ormai si sono impiantate delle tartufaie con alberi della famiglia delle querce o carpini neri e bianchi in località Alto Garda, Basso Lago, Valsabbia . I risultati secondo l’esperto Virgilio Vezzola sono incoraggianti (vedi Tartufi e tartuficoltura nella provincia di Brescia, Compagnia della stampa, 2004). Grazie a Vezzola nel bresciano da tanti anni si tengono mostre e manifestazioni sul tartufo nostrano, la prima mostra mercato del tartufo bresciano si tenne a Puegnago del Garda. E così anche noi bresciani, dal tramonto all'alba, in gran segreto, scateniamo uomini e cani alla ricerca del pregiato tubero, un occhio al terreno, uno al cane e attenzione anche ad una piccola mosca che deposita le sue uova proprio sui tartufi, che buongustaia! 

        Sui tartufi però vi sono alcune cose da sapere: la conservazione. Se si tratta di conservazione breve dovrete spazzolare i tartufi per togliere la terra, se neri anche sotto l’acqua, se bianchi evitate di bagnarli, poi li avvolgerete, uno a uno in carta assorbente e li terrete per qualche giorno in frigorifero nello scompartimento più freddo. Potete anche conservarli sotto sabbia o nel riso sempre nel frigo, attenzione che nel riso si possono disidratare. Li potete anche conservare sottovuoto e congelarli. In freezer potete anche mettere i tartufi macinati e coperti da burro fuso. Le frodi più frequenti sono la mescolanza tra varie specie, del tartufo bianco evitare di comperarne di troppo piccoli perché potrebbero essere dei bianchetti e non tuber magnatum. Attenzione anche alla presenza di terra e argilla che ne aumentano il peso. Le dosi in cucina sono di 10 g di t. bianco e 15 di t. nero- Evitate di cuocere il t. bianco e invece fate cuocere tranquillamente quello nero. Le due preparazioni migliori sono una polenta arricchita di fontina, robiola e grana, versata in ciotoline e cosparsa di tartufo. Un’altra semplice preparazione sono delle uova al burro e cosparse di abbondante tartufo bianco. Se volete imitare i piemontesi cuocete dei tagliolini, conditeli al burro e inondateli di tartufo bianco o nero affettato con l’apposito strumento.

Dalle immagini: verdone, chiodini, galletti, mazze di tamburo, prataioli, spugnola, tartufo bianco, tartufo nero di Norcia, tartufo estivo detto scorzone.












Nessun commento:

Posta un commento